La pratica è quella della zaffardatura, serve a idratare le radici di rose e frutti da piantare in inverno. Ecco come farla per ottenere splendide fioriture e frutti gustosi.
La zaffardatura
La Zaffardatura è una parola che ricorre poco nel vocabolario del giardiniere, forse per la difficoltà a pronunciare il termine. Si tratta in realtà di una pratica molto importante che favorisce i migliori risultati per lo sviluppo di rose, alberi da frutto, arbusti rustici e graminacee se piantati ora a radice nuda.
Cos’è e come farla
La zaffardatura consiste nel reidratare le radici esposte all’aria con un bagno che è una sorta di “glassatura”, prima della piantagione.
In sintesi agite così: quando portate a casa le piante, fate stazionare le radici in tagliola, cioè in un solco scavato all’aperto. Quando la buca d’impianto è pronta, con le forbici accorciate le radici rotte, danneggiate o troppo lunghe rispetto alle altre. Adagiate un po’ obliqua la pianta e ricoprite le radici con torba o sabbia umida. In queste condizioni la sua permanenza in tagliola può protrarsi fino a fine inverno.
Preparate il fango per la zaffardatura mescolando in un secchio terra molto fine possibilmente un po’ argillosa, letame setacciato o stallatico disidratato ridotto in polvere e acqua. Mescolate fino ad ottenere un miscuglio di consistenza fluida e appiccicosa. Se volete, aggiungete anche un paio di cucchiaiate di cenere setacciata (contiene potassio e calce) e una di sangue secco (contiene azoto e ferro), così al risveglio le radici avranno subito di che nutrirsi.
Immergete le radici delle piante da zaffardare e lasciatele così qualche ora. Potete lasciare immerse le radici nel bagno di fango anche per una mezza giornata o più, se non avete tempo di proseguire subito l’operazione.
Tenete sospesa la pianta per far sgocciolare l’eccesso di zaffardatura e quindi procedete alla piantagione. Le radici si risveglieranno in primavera e la pianta fiorirà in maniera splendida.
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L’articolo è liberamente tratto dal libro: “Le Stagioni del maestro giardiniere” di Carlo Pagani e Mimma Pallavicini.